Nel corso degli ultimi decenni, il parametro di laboratorio che ha acquisito maggiore rilevanza, diventando un importante biomarcatore di abuso di alcool, con applicazioni cliniche e medico-legali, è sicuramente il test per la misura delle forme di Transferrina a basso grado di sialilazione, cumulativamente chiamate CDT (Carbohydrate Deficient Transferrin, o Transferrina Desialata).
Infatti, il consumo giornaliero di 50-80 g di alcol etilico (corrispondenti ad una bottiglia di vino con gradazione di 11-13°) causa già dopo una settimana un incremento oltre i valori di riferimento del valore di CDT nel siero. In caso di astinenza da alcol, il tempo di dimezzamento della CDT è di circa 15 gg, con una normalizzazione intorno alle 4 settimane. Il test CDT è pertanto un marcatore di abuso alcolico di lungo periodo, da non confondere con il test alcolemico, eseguito dalle forze di Pubblica sicurezza con il test del palloncino, il quale rivela una momentanea percentuale di alcol. Al contrario del pensare comune, l’esame dell’alcolemia su sangue non rappresenta il test più specifico per la diagnosi di alcolismo. Valutare la concentrazione di alcool nel sangue in un dato momento, infatti, aiuta semplicemente a smascherare un certo consumo di alcool nelle ore precedenti il test; potrebbe quindi trattarsi di una bevuta occasionale e in tal caso non ci si troverebbe certo di fronte a un alcolista. Il test CDT trova principale impiego quale marcatore di abuso alcolico, nelle indagini di idoneità al lavoro, per il conseguimento/rinnovo della patente di guida e per il monitoraggio dell’astinenza alcolica da parte della commissione medico-legale.